Libri di donne sul filo della vita Io sono qui. Il mistero di una vita sospesa
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L’edizione
2013 di «in punta di penna» si è chiusa con la presentazione di «Io sono qui.
Il mistero di una vita sospesa». Ospite l’autrice Mariapia Bonanate, nota
giornalista e scrittrice, in dialogo con suor Federica Cacciavillani.
L’incontro è
stato ritmato e impreziosito dalle impeccabili letture di Maria Grazia Naldini
e dal violino della giovane Sarah Van Eijk, musicista di origine olandese (così
come Etty Hillesum, voce importante del libro; «sono sempre sorpresa dai
piccoli miracoli che succedono intorno a questo libro», il commento dell’autrice).
«Io sono qui»
è un libro intenso e perfettamente in linea col tema della rassegna, «Libri di
donne sul filo della vita». Il libro nasce infatti dall’esperienza personale
dell’autrice e dalla malattia del suo compagno di una vita, colpito dalla
sindrome Locked-in, malattia
assurda e rara, in cui il malato «è in stato vegetativo e non può comunicare
pur essendo perfettamente lucido e consapevole. Più terribile di un lutto» ha
raccontato l’autrice «perché non superabile, è come un lutto permanente».
Nella stanza in cui il marito viene accudito
la terra si salda con il cielo, in un addensarsi di domande anche angosciose
che toccano il mistero senza ricevere risposta. Proprio su questa
“sospensione”, del titolo e della vita, si sono soffermate sr. Federica e
Mariapia Bonanate durante la prima parte dell’incontro.
«Una morte che non è morte, una condizione
quasi irreale, innaturale. Salta tutto per aria e tutto va re-inventato.
L’elemento decisivo, una volta scontratisi con il dolore e la lacerazione che
una situazione del genere provocano» ha spiegato Bonanate, «si è rivelato il
fatto di praticare già da prima, come famiglia, una vita spalancata, non
chiusa, aperta come la finestra in copertina. Da qui poteva arrivare anche
quell’amore che indossava una scommessa in modo del tutto gratuito. Lui è in
quella condizione ma c’è, esiste. Allora andiamo noi ad abitare là, dove lui
c’è. In una quotidiana marcia di avvicinamento a qualcosa che appartiene alla
vita, e che dunque bisogna raggiungere».
Le domande di senso, che ritornano nel libro
come nella vita di ciascuno, immettono chi legge in una strada di mistero. Ed è
a questo punto che nel libro sgorga una sorprendente empatia con Etty Hillesum
(giovane ragazza ebrea olandese morta ad Auschwitz, della quale oggi possiamo
leggere l’incredibile e importantissimo Diario), il ritrovarsi della
voce narrante nelle sue emozioni, nei suoi smarrimenti, nelle parole che Etty
rivolge a Dio.
«Etty non ha scelto la morte» ha spiegato
Bonanate, «ma l’unico centro possibile: il dono di sé agli altri. Ed è riuscita
a dissotterrare Dio dalle macerie, in mezzo alla bufera della Shoah, e nella
tragedia ha fatto un salto quasi nell’assurdo, fino all’accettazione del dolore
e del presente senza provare odio né vendetta».
Nel libro, Bonanate intesse un dialogo
serrato con Etty, compagna sulla via del mistero e della meraviglia: «per lei
tutto diventa sacro, e vive in modo estremamente sensuale: i sensi riprendono l’esperienza
della vita, delle cose, degli altri… è a partire da questo stupore che la vita
di Etty può divenire un ininterrotto colloquio con Dio».
L’ultima parte dell’incontro è stata
dedicata al tema dei “sommersi” di oggi, di quelle persone che vivendo le
beatitudini diventano vere e proprie note di speranza, vite ricche di grazia e
della forza invincibile degli umili. «Capita di ricominciare a vivere, a
credere, a sperare proprio grazie a queste vite spezzate, alle sofferenze
invisibili di chi viene scartato», ha concluso Bonanate.
Dopo un ultimo brano di
violino, il confronto con il pubblico presente ha lasciato spazio a temi forti
e attualissimi come l’etica del fine-vita, il testamento biologico, la capacità
di prendersi cura, di – per dirla con Etty Hillesum – «essere un balsamo per
molte ferite».