Ore 10.00 – Conferenza
Tempio di Santa Corona
Contrà S. Corona, 2 – Vicenza
“Nessuna voce dal cielo:
Tempio di Santa Corona
Contrà S. Corona, 2 – Vicenza
“Nessuna voce dal cielo:
tra il Battesimo di Gesù e il nostro, la fede al tempo dei cieli chiusi”
Lettura telogico-artistica della Pala del Bellini
Giuseppe Frangi, direttore di Vita non profit
Stella Morra, teologa
Giuseppe Frangi, direttore di Vita non profit
Stella Morra, teologa
“Può accadere talvolta che le compagini delle istituzioni temporali si allentino; esse sono veramente temporali, il tempo le divora e le logora, molte cose arrugginiscono, marciscono, devono essere sostituite; addentellati in apparenza solidi si staccano, lasciano intravedere la luce o anche il buio.
Gli Atti degli apostoli si concludono con un naufragio raccontato in modo diffuso e quasi divertito: il naufragio della nave di Paolo. Luca è perfettamente cosciente del simbolismo del suo racconto. La nave viene afferrata dal vento marino “e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balia, andavamo alla deriva” (At 27,15). La nave viene prima fasciata con le gomene, poi si butta in mare il carico, infine i marinai smontano l’attrezzatura e la gettano anch’essa in acqua (27,17ss.). “Ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta”. Paolo ha in sogno un avvertimento da trasmettere: «Non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave”. Infatti questa si schianta, la prua si incaglia in una secca e la poppa si sfascia sotto la violenza delle onde. Chi sa nuotare si tuffa, gli altri si salvano su tavole o in spalla ai nuotatori (27,41-44). La situazione è esattamente escatologica: la struttura come forma esterna va in frantumi, ci si può salvare solo guadagnando terra sui rottami… “Salvaci, Signore, siamo perduti!», gridavano anche i discepoli nella barca di Pietro (Mt 8,25). L’uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia – «cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa” (Mt 7,24s.) – è l’uomo che ha confidato sulla roccia che è Cristo. Egli troverà la tavola di salvezza che lo porterà a riva, e questa saranno forse le spalle di uno che sa nuotare” (citazione tratta da Gloria di H. U. von Balthasar)
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Gli Atti degli apostoli si concludono con un naufragio raccontato in modo diffuso e quasi divertito: il naufragio della nave di Paolo. Luca è perfettamente cosciente del simbolismo del suo racconto. La nave viene afferrata dal vento marino “e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balia, andavamo alla deriva” (At 27,15). La nave viene prima fasciata con le gomene, poi si butta in mare il carico, infine i marinai smontano l’attrezzatura e la gettano anch’essa in acqua (27,17ss.). “Ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta”. Paolo ha in sogno un avvertimento da trasmettere: «Non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave”. Infatti questa si schianta, la prua si incaglia in una secca e la poppa si sfascia sotto la violenza delle onde. Chi sa nuotare si tuffa, gli altri si salvano su tavole o in spalla ai nuotatori (27,41-44). La situazione è esattamente escatologica: la struttura come forma esterna va in frantumi, ci si può salvare solo guadagnando terra sui rottami… “Salvaci, Signore, siamo perduti!», gridavano anche i discepoli nella barca di Pietro (Mt 8,25). L’uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia – «cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa” (Mt 7,24s.) – è l’uomo che ha confidato sulla roccia che è Cristo. Egli troverà la tavola di salvezza che lo porterà a riva, e questa saranno forse le spalle di uno che sa nuotare” (citazione tratta da Gloria di H. U. von Balthasar)