Il gender rimane ideologia inaccettabile perché nega “la differenza e
la reciprocità naturale di uomo e donna, prospetta una società senza
differenza di sesso e svuota la base antropologica della famiglia”.
Tuttavia occorre distinguere tra ideologia e studi di genere. In
relazione a queste ricerche è possibile aprirsi all’ascolto, al
ragionamento e alle proposte. Esistono elementi “di ragionevole
condivisione, come il rispetto di ogni persona nella sua peculiare e
differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie
condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive,
ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e
discriminazioni ingiuste”. L’altro punto che dovrebbe indurre a
condividere le ricerche sul gender riguarda il ruolo e il valore della
donna, come l’approfondimento del modo in cui nelle diverse culture si
vive la differenza sessuale tra uomo e donna. Lo scrive il cardinale
Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, nella presentazione del documento diffuso stamattina.
“Maschio
e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender
nell’educazione” – questo il titolo del testo a cui hanno collaborato
esperti di pedagogia, filosofia, diritto, didattica – segna una svolta
importante nell’ormai decennale confronto tra l’antropologia cristiana
sulla coppia e sulla famiglia e le teorie del gender. Dopo tanti
anatemi e tante semplificazioni che hanno impedito di riconoscere
l’opportunità di fare chiarezza in un arcipelago in cui sono presenti
rivendicazioni ideologiche quasi paradossali (Judith Butler), chiusure
segnate dal più intransigente giuricidismo ma anche riflessioni
approfondite e dialoganti nel segno del Vangelo (tra gli altri le
studiose italiane Lucia Vantini, Selene Zorzi, Cristina Simonelli, Susy
Zanardo), il documento si pone finalmente all’ascolto “delle esigenze
dell’altro” e si apre alla comprensione “delle diverse condizioni” con
l’obiettivo di proporre “un’educazione cristiana radicata nella fede”.
Non
è naturalmente un banale “contrordine compagni” che spalanca le porte a
proposte antropologiche tanto lontane dalla verità della differenza
sessuale da risultare inaccettabili eticamente e anche umanamente poco
percorribili, ma è un invito al dialogo, al confronto nella logica del
discernimento. E, di fronte a ricerche serie, motivate negli
obiettivi e condotte con metodo scientifico, “è possibile aprirsi
all’ascolto, al ragionamento e alla proposta”. Il documento non è
neppure un saggio esaustivo che ha la pretesa di affrontare tutti gli
ambiti di una questione enorme e trasversale che tocca tra l’altro
antropologia e teologia, pedagogia e medicina, diritto e costume. Anzi,
si cercherebbero invano approfondimenti su questioni strettamente
connesse al tema trattato, come l’omosessualità su cui si sceglie di non
dire nulla, sulle origini dell’orientamento sessuale e sulla
transessualità, a cui si accenna soltanto per ricordare le “sofferenze
di coloro che vivono in una condizione indeterminata” e si rimanda alla
scienza medica il compito di intervenire “con finalità terapeutica”,
lasciando sullo sfondo il complesso dibattito sulla cosiddetta
riassegnazione sessuale con tutte le implicazioni farmacologiche ma
anche umane e quindi educative (caso Triptorelina). Ma sarebbe stato
davvero impossibile dire tutto.
Il testo presentato oggi
dalla Congregazione per l’educazione Cattolica, è soprattutto uno spunto
preciso e coraggioso per suggerire un nuovo approccio destinato
inevitabilmente a integrazioni e sviluppi successivi. Intanto ha il
pregio di ricordarci in modo efficace cos’è il gender, ripercorrendone
la storia. Da quando, a metà del ‘900, sulla base di una lettura
sociologica delle differenziazioni sessuali e sotto la spinta di
un’enfasi libertaria, si cominciò a teorizzare “come l’identità sessuale
avesse più a che fare con una costruzione sociale che con un dato
naturale o biologico”. Per arrivare agli anni Novanta del secolo scorso,
quando si punta a proporre “la radicale separazione tra genere (gender)
e sesso (sex)” secondo un approccio del tutto soggettivistico alla
persona perché “ciò che vale è l’assoluta libertà di autodeterminazione e
la scelta circostanziata di ciascun individuo nel contesto di una
qualsiasi relazione affettiva”. Difficile dialogare di fronte a un
simile impianto ideologico.
Quando però gli studi di genere
“hanno la condivisibile e apprezzabile esigenza di lottare contro ogni
espressione di ingiusta discriminazione”, non è difficile trovare punti
di incontro. Anche perché queste ricerche sottolineano “ritardi e
mancanze” che hanno avuto influsso negativo anche all’interno della
Chiesa. Vanno quindi superate “rigidità e fissità che hanno ritardato la
necessaria e progressiva inculturazione del genuino messaggio con cui
Gesù proclamava la pari dignità tra uomo e donna, dando luogo ad accuse
di un certo maschilismo più o meno mascherato da motivazioni religiose”.
Superare le discriminazioni ingiuste, rispettare ogni persona al di là
del colore della pelle, della religione e della tendenza affettiva, si
traduce quindi in “un’educazione alla cittadinanza attiva e
responsabile, in cui tutte le espressioni legittime della persona siano
accolte con rispetto”. Come detto, le criticità verso il gender più
fluido e oltranzista rimangono intatte, del tutto inconciliabili con
quell’ecologia umana integrale di cui spesso ha parlato papa Francesco.
A
questo proposito il documento riafferma la “radice metafisica” della
differenza sessuale: uomo e donna, infatti, sono le due modalità in cui
si esprime e realizza la realtà ontologica della persona umana”. In
questa prospettiva è sbagliato negare la dualità maschio e femmina,
perché solo in questa cornice “l’uomo e la donna riconoscono il
significato della sessualità e della genitalità in quell’intrinseca
intenzionalità relazionale e comunicativa che attraversa la loro
corporeità e li rimanda l’un verso l’altra mutuamente”.
Qui si
apre il progetto educativo. Il documento della Congregazione per
l’educazione Cattolica passa in rassegna i compiti della famiglia
(“proprio all’interno del nucleo familiare il bambino può essere educato
a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale, della
parità e della reciprocità biologica, funzionale, psicologica e
sociale”) e della scuola (“aiutare gli alunni” a sviluppare come dice
papa Francesco “un senso critico davanti a una invasione di proposte,
davanti alla pornografia senza controllo e al sovraccarico di stimoli
che possono mutilare la sessualità”), auspicando un’alleanza in cui si
possano articolare percorsi di educazione all’affettività e alla
sessualità “finalizzati al rispetto del corpo altrui e al rispetto dei
tempi della propria maturazione sessuale ed affettiva”.
Importantissima
quindi la formazione dei formatori, con una preparazione adeguata “sui
diversi aspetti della questione gender”, secondo percorsi di
accompagnamento che tengano conto anche di chi “si trova a vivere una
situazione complessa e dolorosa”. Auspicio importante che ora dovrà trovare modalità originali e progetti davvero percorribili per diventare prassi condivisa.