I commenti di Donatella Mottin ai Vangeli delle domeniche di Quaresima
1a domenica – Marco 1,12-15
“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15). Sono le prime parole di Gesù nel vangelo di Marco e sono parole che dovrebbero allargare il cuore perché sono la buona notizia, il vangelo di Dio: il tempo è il Kairos, la possibilità di salvezza, ed è ‘pieno’ non bisogna attendere oltre, il Regno è vicino, è qui.
Una benedizione del tempo che ci lascia un po’ spiazzati: ma come, questo tempo che stiamo vivendo, così difficile, così appesantito da notizie di violenza, di guerre, di morti è il Kairos, il tempo compiuto di Dio? È questa la buona notizia di Gesù; è proprio questo il nostro tempo di salvezza, anche se ci appare brutto e complicato, anche se a volte vorremmo non vedere e non sentire, è il nostro presente in cui far emergere il Regno di Dio che già c’è, con quello che abbiamo a disposizione e che è sempre tanto, assumendo il passato e cercando di generare futuro.
Prima c’è l’affermazione sul Regno, poi l’esortazione a convertirsi, un imperativo presente che continua nel tempo. La prima conversione è credere che il Regno di Dio è qui.
2a domenica – Marco 9,2-10
Marco racconta l’episodio della Trasfigurazione dicendo che essa avviene “Sei giorni dopo…”. È il sesto giorno, quello relativo alla creazione dell’uomo e della donna “a immagine di Dio”. Il volto di Gesù si trasfigura e ci mostra come può diventare ciascuna/o dei credenti. C’è in ogni essere umano, come in tutta la creazione, un’energia vitale che ci spinge a manifestare con sempre maggior trasparenza l’amore di Dio, se cerchiamo di sviluppare la nostra vita interiore.
Nell’anno liturgico, la Chiesa ha collocato la festa della Trasfigurazione il 6 agosto. Per i credenti del nostro tempo questo assume un significato particolare perché è anniversario del ricordo dell’uso della bomba atomica, grande “sfigurazione” dell’umano, che ci pone davanti la necessità del discernimento e della scelta. La trasfigurazione è possibile solo se si decide dove collocarci: dentro le “tende” sicure di un luogo bello per noi, o ai piedi della croce di tutte le donne, gli uomini e i bambini sfigurati dalla storia.
3a domenica – Giovanni 2,13-25
Giovanni, a differenza degli altri evangelisti, dedica alcuni versetti in più a questo racconto e soprattutto gli conferisce un significato più profondo inserendolo all’inizio del suo vangelo e non alla fine. Per Giovanni è una specie di porta d’ingresso per comprendere tutto il vangelo, per capire dove non è la “casa” di Dio e dove invece possiamo “trovarlo”. Gesù scaccia i mercanti rimproverandoli di aver trasformato il tempio in un mercato; noi, oggi, stiamo facendo l’operazione opposta: trasformiamo il mercato in un nuovo tempio!
I mercanti di buoi e pecore scacciati da Gesù erano coloro che vendevano gli animali da offrire al tempio a coloro che erano più ricchi. Ai venditori di colombe, l’offerta dei poveri, Gesù dice: “Portate via queste cose”. Come dire: andate via, cercate altrove.
Il gesto di Gesù è un gesto forte, ma soprattutto profetico che dall’inizio del vangelo ci dice che il tempio di Dio è il corpo di Gesù: la casa di Dio non è il mercato, non sono le pietre o il potere, ma i corpi! I corpi di ciascuna e ciascuno di noi, di tutti i poveri della nostra terra, e in modo particolare, di coloro la cui carne è venduta al tempio-mercato.
4a domenica – Giovanni 3,14-21
Nel testo che leggiamo questa domenica, non accade nulla. Solo parole di Gesù che risponde a Nicodemo, l’anziano fariseo membro del Sinedrio, che era andato da lui di notte, quando le cose non si vedono ancora bene. Nicodemo aveva chiesto come si può nascere di nuovo, o meglio cosa significa “nascere dall’alto”.
Nelle parole di Gesù c’è il preannuncio della sua morte: il mistero della rivelazione di Dio sta nell’essere innalzato del Figlio. Dall’amore assoluto di chi accetta di morire in croce è possibile comprendere l’amore di Dio. L’amore di Dio è per questo mondo, così com’è; il male c’è, la violenza la vediamo manifestarsi ogni giorno, ma il Dio che Gesù rivela preferisce essere innalzato sulla croce che condannare gli esseri viventi.
La volontà di Dio non è il giudizio o la condanna, ma il desiderio che nulla e nessuno vada perduto. Ciascuna/o può vivere in pienezza solo se si sente amata/o: credere nell’amore di Dio, liberati da ogni giudizio e condanna, è per noi la salvezza.
5a domenica – Giovanni 12,20-33
Alcuni greci, persone non ebree, provenienti quindi da una realtà pagana considerata impura, sentono il desiderio di vedere Gesù, di conoscerlo meglio e si rivolgono a Filippo perché non sanno come avvicinarsi al Maestro. Nella risposta di Gesù a Filippo che gli comunica quel desiderio, c’è un significato che va oltre la semplice richiesta e che sembra rivolto più ai suoi discepoli che ai “lontani”: è l’annuncio della sua glorificazione che coincide però con la morte in croce.
L’amore che rimane tale fino alla fine diventa il linguaggio universale compreso da tutti. L’amore che non evita la sofferenza per rimanere fedele alla promessa è il modo per essere com-preso nella vita di chiunque, anche di chi non conosce l’intero messaggio.
“In verità, in verità…”. Vi assicuro, statene certi: come il seme che muore per divenire altro, così ognuno di noi ha in sé un’energia vitale che ancora non conosce, potenzialità che si possono manifestare in modi diversi e che nel dono di sé fanno rinascere a vita nuova.