Venerdì 7 giugno 2013
Ore 16.30– Conversazione arte e Bibbia
Nel Loggiato della Basilica Palladiana, in Piazza dei Signori, a Vicenza
Aure – Mostra fotografica
Tra le genti del libro e del Dio unico, ebrei, cristiani e musulmani.
dialogo con Monika Bulaj, fotografa e Ulrike Jourdan, pastora
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Un’altra location particolare esuggestiva ha ospitato il secondo appuntamento del IX Festival Biblico proposto dall’Associazione Presenza Donna in collaborazione con la Comunità Evangelico-Metodista di Vicenza: al Loggiato della Basilica Palladiana, a fianco degli spazi espositivi che hanno accolto la mostra fotografica di Monika Bulaj, una conversazione tra arte e fede, accompagnata anche dall’originale musica di Angelo Gallocchio, suonatore di hang.
Sr. Federica Cacciavillani, dopo l’annuncio dell’evento (n. 37), ha presentato l’incontro e le due relatrici Monika Bulaj e Ulrike Jourdan
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Monika Bulaj, fotografa polacca ormai diventata famosa, racconta dov’è nata la sua arte, quali profonde trasformazioni di sguardo ha avuto la sua arte per permetterle di raccontare i confini della vita, da quelli fisici, a quelli spirituali: c’è un suono, o meglio una luce particolare che si vede dai confini, dalle periferie, che Monika sposta sempre più in là in una ricerca costante che coglie trasversale alle genti del Libro e del dio unico, siano essi ebrei, cristiani o musulmani.
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Il suono di Angelo Gallocchio ha fatto da splendido intermezzo per lasciare poi il posto alla riflessione di UlriKe Jourdan, pastora, della Chiesa Metodista di Vicenza, che prendendo spunto dalle Aure, che lei ha declinato come sentimento profondo, ha rivisitato e proposto alcuni passi della Scrittura: dal primo capitolo del profeta Ezechiele al racconto evangelico della trasfigurazione: un Dio che arriva a “prendere le ruote” per andare in esilio con il suo popolo, per vivere con esso; un Dio che dalle Aure dell’incontro trasfigurante con il divino invita a scendere nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni, nella pratica cristiana fatta soprattutto di piccole cose che alimentano la fede personale e comunitaria.
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Tutti i presenti hanno poi potuto visita la splendida mostra accompagnati dalla guida eccezionale dell’autrice delle fotografie: ogni scatto è un mondo che si apre, agli occhi e al cuore, che sa suscitare sentimenti e risonanze interiori che aiutano meglio a sintonizzarsi con la fede profonda dei popoli, anche così diversi… eppure chiaramente tutti figli dello stesso Dio.
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Scrive Monica Bulaj:
Ci sono luoghi e momenti in cui il sacro rompe i confini.
Luoghi e momenti ad alta tensione atmosferica, dove le
genti del Libro – ebrei, cristiani e musulmani – rivelano
la loro appartenenza comune. Succede quando i fedeli
ripetono la stessa preghiera come un tuono,
o quando si passa tra il fuori e il dentro
di uno spazio sacro. |
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(…) E poi il Libro. Il fondamento della fede dei cristiani, l’oggetto di culto tramandato da generazioni, caparbiamente difeso nei tempi duri della persecuzione, addobbato di perle, salvato dai roghi, raschiato dai ghiacci, nascosto persino nel sottosuolo. Oppure il libro dei musulmani, che al contrario non può mai toccare la terra, il libro studiato dalla fine, dai concetti più chiari contenuti nelle ultime Sure che dischiudono la strada difficile dell’Inizio. E poi il Talmud, con la sua incredibile grafia, una cornice di annotazioni, un testo che gira attorno a un altro testo, lo incastra, lo avvolge. Un labirinto di significati, dove – a differenza del Corano – ogni singola parola, ogni minuscola iscrizione deve esser sepolta perché la parola è come un uomo e ha bisogno del funerale. (…)
tratto dalla presentazione della mostra di Monika
Scrive ancora Monika Bulaj
Ci sono luoghi e momenti in cui il sacro rompe i confini… Lo vedi ai confini tra ombra e luce, nelle danze ritmate fino ai confini dell’estasi, nelle masse che oscillano come distese di alghe nel mare, nei contatti tra corpi, oppure fra corpi e reliquie. Lo intuisci negli attraversamenti di spazi sovraffollati o anche perfettamente vuoti, nelle cantilene, nei sospiri, nelle genuflessioni, nello sgranar di rosari. Luoghi, gesti, abbigliamenti, luci, percorsi che svelano analogie fra monoteismi e mostrano tutta la potenza di un unico Verbo.
Atmosfere, si diceva. “In greco e in latino”, scrisse Elémire Zolla, “si parla del fascino come di una brezza, un’aura spirante dalle persone o dai luoghi, che a volte cresce, diventa turbine, nembo, nube abbagliante, riverbero dorato, ingolfa e stordisce”. Ecco, in questo libro vorrei raccontare le aure che ho vissuto tra la gente del libro e del dio unico, quelli che i musulmani chiamano gli “ahel el katab”. Non m’importa dunque di descrivere analogie coreografiche o gestuali, ma somiglianze atmosferiche. Far capire che la massa che ondeggia e respira all’unisono in una chiesa ortodossa piena di candele comunica un’emozione molto simile a quella che puoi provare in un tempio di mistici sufi a Istanbul o durante un rito di ebrei assidi… clicca qui per continuare