Dossier “Donna e bellezza” 5
Tra gli splendidi affreschi del domenicano Fra Giovanni da Fiesole, universalmente conosciuto come il Beato Angelico, ci soffermiamo di fronte all’affresco del Cristo risuscitato che appare a Maria Maddalena, dinanzi al sepolcro vuoto: “Noli me tangere”. Esso fa parte di un ciclo pittorico datato intorno al 1440, che si trova nel convento fiorentino di S. Marco. Facendo riferimento al racconto del Vangelo di Giovanni (20,11-18) l’affresco – che un tempo era il Vangelo dei poveri, che non sapevano leggere e scrivere – narra il misterioso mattino di Pasqua: Gesù si allontana dal dolce tentativo di Maria di trattenerlo; con la mano destra, che sembra congiungersi con quella protesa di Maria di Magdala, ma allo stesso tempo discostarsene, incede, quasi danzando verso un altro orizzonte. |
I
n questa storia ogni elemento sembra trovare il giusto significato:
– la morbida e candida veste del Risorto (rappresenta la vita che trionfa) lascia intravedere il passo danzante e conferisce alla figura una leggerezza e una trasparenza ormai lontane dalla condizione umana;
– l’abito della Maddalena, un rosso stemperato nella luce del risorto, simbolo dell’intensità dell’amore, ma anche del fuoco della passione, si contrappone all’oscurità del sepolcro, dal quale sembra uscire, come l’aurora dalla notte; è inginocchiata come volesse trattenere Gesù;
– la dolcezza degli sguardi è sottolineata dai nimbi dorati, quasi lucenti e perfettamente simmetrici dei due Protagonisti, che nel loro incontro trovano una modalità nuova di relazionarsi;
– il giardino costellato di fiori, con le piante sullo sfondo, nel quale si trova il sepolcro scavato nella roccia, è un giardino fiorito, tornato alla vita.
Questa è l’allegoria, la storia, il tema che sembra dispiegarsi nel verde tappeto dell’affresco. Eppure, proprio questo sfondo che sembra nulla aggiungere al dialogo tra i due Ritrovati, ci svela un altro livello di comprensione, non subito afferrabile, ma profondamente denso. Se osserviamo attentamente il prato, ci accorgiamo ben presto che quelli che di primo acchito sembrano essere fiori, in realtà sono piccole macchie di terra rossa, piccole zone puntiformi che si ripetono con una certa regolarità. Con assoluto rigore, con identico procedimento, quelle macchie rosse sono dipinte come le stigmate del Cristo; sono addirittura dipinte nel modo in cui il Beato Angelico dipinge le stigmate in generale, quelle del Cristo o di San Francesco.
Quello che doveva essere, secondo i moduli artistici del tempo, un semplice sfondo, appare come un luogo di rivelazione, un locus altamente teologico: le stigmate di Cristo sono fiori del suo corpo e possiedono, come acutamente osserva San Tommaso nella Summa Theologica, conosciutissima dall’Angelico, una bellezza speciale che è la Bellezza stessa, la bellezza – pur sanguinante – sfigurata e trasfigurata del Cristo Risorto.
Proseguendo nella contemplazione ci accorgiamo che il Risorto è rappresentato nell’atto di “seminare” le sue stigmate nel giardino del mondo, prima di andare a prendere il suo posto alla destra del Padre; il suo sguardo – esteticamente non attraente – è uno sguardo che attira perché Gesù sa guardare l’umanità dalla Risurrezione nel modo più divino possibile; è lo sguardo di Dio carico di umanità che si china sulle sue creature.
L’affresco non si limita alla semplice rappresentazione del notissimo episodio evangelico, ma vuole essere una profonda interpretazione del mistero della redenzione. Il Beato Angelico ha situato, esattamente all’altezza degli occhi di chi guarda la pittura, un altro segno, unico nel suo genere, che non assomiglia a niente di conosciuto in un prato: è un simbolo costituito da tre piccole croci sanguinati, poste tra la Maddalena e il Risorto. Un elemento che è una finestra aperta sull’abisso della Passione del Cristo nel mistero della Trinità, che cerca nuovamente di tessere la comunione e l’intimità con la creatura uscita dal suo seno.
In questa splendida icona entriamo nel giardino ricreato: è il nuovo Eden in cui Cristo, nuovo Adamo, ristabilisce tra Dio e l’umanità, rappresentata da Maria di Magdala, l’antica armonia infranta dal peccato. Il giardino silenzioso diventa il testimone di una nuova creazione, del matrimonio tra la nuova umanità chiamata per nome “Maria”, che risponde con gioia alla relazione divina “Rabbunì”.