Due incontri al femminile sulla Polis del Festival Biblico
Sono forte e fragile.
Sono sensuale.
E mi propago.
È nella mia natura.
Vivo con tutti, ma ho preferenze che non
paleso.
Sono inclusiva e aggregante.
Nelle mie arterie scorre ogni genere di
vita.
E osservo.
So di voi, so di tutti quanti.
So molto, a dire il vero.
Conosco più storie di quanti turbini ha
la tempesta.
Nei miei antri nascondo l’impresentabile
e il virtuoso.
Ho un nome che mi distingue.
Concedo spazio a chiunque me lo chieda.
Sono storia e memoria o nulla di tutto
questo.
Anche se molto ritratta, per alcuni
rimango invisibile.
Al tramonto mi faccio bella e mi
apparto.
In realtà non dormo mai.
La mia vita scorre sul crinale
dell’incertezza più totale.
Talvolta mi è difficile distinguere
immaginario da reale.
Io sono la città.
E sono donna.
(Marco L. Zanchi, Il sogno di una città)
Maggio
è atteso con trepidazione nella città di Vicenza e in quelle vicine, perché dal 2004 ospitano i molteplici eventi del Festival Biblico, organizzati dalla Diocesi di Vicenza – e da quelle aderenti – e dal Centro Culturale
San Paolo, in collaborazione con diversi partner culturali tra i quali anche
l’Associazione Presenza Donna, di cui sono volontaria di Servizio Civile.
Proprio in relazione al progetto di servizio cui ho aderito, mi è stata data la
possibilità di partecipare più da vicino ad alcuni incontri che si sono svolti
nella cornice del Festival, che quest’anno ha avuto come tema la Polis: il convegno del Coordinamento Teologhe Italiane (altro
partner culturale della rassegna biblica) a Verona, il 4 maggio scorso, dal tema «Cittadinanza inclusiva: il ruolo delle
teologie», e la conferenza «Uomini e
donne del deserto. La città sognata» di Cristina Simonelli, tenutasi a
Vicenza il 25 maggio presso la Loggia del Capitaniato.
La
prof.ssa Simonelli, docente di teologia patristica, socia del Coordinamento
delle Teologhe Italiane fin dalla sua fondazione e dal 2013 sua presidente, ha
guidato in modo molto efficace gli interventi dei tre relatori Stella Morra (teologa),Rosario Giuè (teologo) e Alessandra Smerilli (economista) e i dibattiti che
sono seguiti nella giornata. Il seminario nazionale si proponeva di guardare
alla città come «casa comune» che l’uomo e la donna abitano e possono custodire
o rendere inospitale, cercando di capire, inoltre, in che modo le chiese possono rendersi
protagoniste di questa riflessione e in quale misura le teologie possono sostenere
il medesimo dibattito. Anche nella cittadina berica la teologa Simonelli è
stata altrettanto coinvolgente laddove ha proposto la sua meditazione verso la
città sognata in compagnia dei padri e delle madri del deserto, uomini e donne
che con la loro esperienza di sequela radicale del Vangelo si mettono in
dialogo con il nostro cuore e lo interpellano a scegliere sempre il bene. Condotti
in un cammino che ha avuto il sapore di pellegrinaggio attraverso spazi e tempi
apparentemente lontani, tutti i presenti hanno potuto riscoprire come la
tematica più generale della Polis fosse inaspettatamente insita anche
nell’esperienza di vita degli «abbàs» (ad esempio Evagrio Pontico, Macario,
Antonio) e delle «ammas» (Sincletica, Teodora, Olimpia). Il deserto,
infatti, era intimamente connesso con la dimensione della città nella relazione
tra silenzio e parole (silenzio e Parola), dialettica inizialmente inconsueta,
ma che trova una sua radice profonda nella duplice idea di unificazione e di comunione. Ecco che la letteratura del deserto non parla di solitudine nel senso
etimologico del termine, ma di una solitudine abitata, aperta alla comunione,
soprattutto nella forma discepolare, desiderosa di vivere un’esistenza lontana
da tutto/i per essere vicini a tutto/i. Sobrietà, fratellanza, armonia e condivisione non sono, quindi, nostalgia dell’Eden perduto, ma profezia del futuro.
Spostandomi
da un evento del Festival all’altro – soprattutto negli ultimi giorni ancora
più densi di incontri – non ho potuto non ascoltare i commenti di quanti
condividevano i miei passi giovani e un po’ frettolosi attraverso le vie del
centro: mi sono resa conto di quanto noi esseri umani, investiti da un tempo
sempre più fugace, desideriamo per la nostra quotidianità una pace che dia
senso al nostro agire, che ci permetta di dialogare in modo profetico con altre
culture, straniere solo in apparenza, contribuendo a creare una dimora ospitale
per tutti, poiché abbiamo bisogno di riconoscere ogni città a partire da uno
sguardo contemplativo, uno sguardo di fede che scopre quel Dio che abita nelle
sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze.
Lara Iannascoli