Dossier “Donna e chiesa” 15
Con il Concilio Vaticano II, che sollecitava un cambiamento delle Costituzioni e dei Regolamenti, nel mondo delle religiose c’è stato un positivo fermento per adeguarsi alle nuove esigenze di una realtà in cambiamento. Il fermento c’è stato anche intorno alla nuova presenza femminile, colta come uno dei segni dei tempi; si è avviata un processo di ricomprensione dell’essere donne e di conseguenza una ricomprensione stessa dell’essere donne consacrate. Il dibattito e la riflessione si sono fatti sempre più vivi attraverso convegni di studio, approfondimenti teologici, antropologici, percorsi mirati, in cui si coglieva che la nuova autocoscienza femminile, che era entrata nei conventi in modo dirompente doveva elaborare nuovi modelli di vita personale, comunitaria e di missione. A dare ulteriore slancio alla riflessione in ambito ecclesiale, è stata la lettera apostolica di Giovanni Paolo II Mulieris Dignitatem (1988), che focalizza l’attenzione sulla dignità e la vocazione della donna.
I monasteri e le case religiose hanno offerto, fin dalle prime forme di vita consacrata, degli spazi di emancipazione alle donne, rispetto alle loro contemporanee che rimanevano “nel secolo”, nonostante che i regolamenti fossero redatti da uomini o per uomini e trasferiti alle donne.
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È cresciuto ulteriormente lo spazio alla formazione e alla preparazione intellettuale per offrire il proprio contributo di riflessione su vari ambiti; le suore si sono sentite interpellate ad aiutare le donne di oggi, loro sorelle, a prendere coscienza della propria femminilità e del ruolo insostituibile nella chiesa e nella società, si sono fatte carico delle donne emarginate e sfruttate, con scelte radicali di solidarietà… Il femminismo ha messo in crisi le forme di dipendenza e di inferiorità, che da anni pesavano sulle donne, per rivendicare spazi di collaborazione e di partecipazione; ha recuperato il valore degli affetti, del corpo, della famiglia, della maternità; ha criticato la mentalità tecnologica per un recupero della natura e della sue risorse. Tutto questo ha favorito anche una ricomprensione dei consigli evangelici a partire dalla realtà femminile che si apre alla comunione con Dio, con gli altri, uomini e donne e che vive un rapporto privilegiato con il proprio corpo e con la natura. La voce delle donne consacrate si è fatta sentire, in modo ufficiale, soprattutto nell’ambito del Sinodo sulla vita consacrata, svoltosi a Roma nel 1994. In uno dei rari interventi femminili la presidente dell’UISG (Unione internazionale delle superiori generali), Sr Klara Sietmann invita a considerare con urgenza “la necessità che la donna consacrata possa proclamare, a partire dalla sua percezione femminile, la ricchezza della sua visione di Dio, ed esprimere una partecipazione più ampia ed efficace negli ambiti della spiritualità e della teologia“. Auspica, inoltre, che sia favorita “la presenza paritaria ed effettiva delle donne consacrate nelle funzioni pastorali, negli impegni ed incarichi all’interno della chiesa, compreso il livello progettuale e decisionale in ambito tanto locale quanto universale, fino agli organismi ufficiali della chiesa“. Il Sinodo ha dovuto dare spazio a questa presenza preziosa, “segno della tenerezza di Dio” e a riconoscere la fondatezza di alcune rivendicazioni che concernono la posizione della donna in vari ambiti sociali ed ecclesiali. Per questo nell’esortazione apostolica post-sinodale Vita Consecrata (1996) – rivolta non solo ai membri della vita consacrata, ma anche ai vescovi e al clero -, si ritiene “urgente compiere alcuni passi concreti, a partire dall’apertura alle donne di spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione delle decisioni”. In essa si ringraziano le donne per il loro significativo contributo e si invitano a farsi promotrici di un |
Un ulteriore incentivo è venuto anche dalla IV Conferenza sulla Donna svoltasi a Pechino nel 1995, da cui erano scaturiti tre concetti chiave: – guardare la realtà da un punto di vista femminile (gender); – far entrare questa ottica nei contesti decisionali (mainstreaming); – dare alle donne maggiore potere e responsabilità (empowerment). Guardare il mondo, non solo quello globale, ma anche quello ecclesiale e religioso con occhi di donna, e di donna consacrata, è stata una priorità assunta dai i vari istituti, pur nella diversità dei carismi. La strada da percorrere è ancora lunga, ma i processi messi in atto tracciano un percorso di speranza che coinvolge donne e uomini. L’itinerario non facile e neppure lineare che ha condotto le donne a una coscienza più matura della propria identità e del proprio ruolo nella chiesa e nella storia, provoca non solo la vita religiosa femminile, ma anche quella maschile e il mondo degli uomini in genere.
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Per approfondire:
Giovanni Paolo II, Vita consecrata, Libreria Editrice Vaticana, 1996