Elisa Salerno, una teologa ante litteram
Un
titolo, un programma di vita! La pubblicazione su Elisa Salerno che
sarà presentata il prossimo 20 novembre presso il Seminario teologico di
Vicenza, è lo sviluppo di quanto anticipato nel titolo che riassume in
poche parole, ciò che è stata Elisa Salerno, lavoratrice del pensiero, e ciò che studi appassionati su di lei hanno fatto emergere, il suo essere una teologa ante litteram.
Oramai
Elisa Salerno è abbastanza di casa, ma averne sentito il nome non
significa conoscerla in profondità, stimarla come donna e come
pensatrice. La pubblicazione vorrebbe essere un’ulteriore aiuto per
restituire, in modo integro, Elisa Salerno alla sua città, alla sua
chiesa locale e a quanti vogliono conoscere un pezzo di storia
attraverso lo sguardo di una donna.
La
forza di Elisa Salerno è stata la sua brillante intelligenza, investita
nello studio da autodidatta e nella lettura dei periodici del tempo per
essere informata su tutto quanto succedeva al di fuori del suo piccolo
mondo familiare, sociale ed ecclesiale. Questo ha permesso ad Elisa di
essere attenta scrutatrice dei tempi, delle necessità meno immediate ed
evidenti, come potevano essere la povertà spirituale e morale,
l’ignoranza, lo sfruttamento, ma non meno devastanti soprattutto per la
donna.
Mentre
si occupa della gestione della forneria di proprietà dei genitori,
riconosce in maniera chiara una delle sue cinque vocazione: essere una
lavoratrice del pensiero. In modo quasi timoroso ma al contempo
determinato confida al padre Antonio il suo desiderio di possedere una
stamperia per poter pubblicare articoli e fare della comunicazione una
via di formazione e di cultura.
L’essere
lavoratrice del pensiero non è stata solo un’aspirazione personale:
infatti lotta perché diventi un’aspirazione delle donne, perché possano
essere coinvolte oltre che nell’ambito domestico anche nell’ambito
sociale ed ecclesiale a partire da un’attitudine, quella del saper
pensare e ragionare, che non è esclusiva del maschile.
Questo desiderio di esserci in modo significativo, confuso con il femminismo rivendicazionista, è
costato alla Salerno l’accusa di modernismo, l’allontanamento dalla
Chiesa e la morte in totale solitudine. In realtà, la Salerno non vedeva
nell’esserci solo un
diritto, ma soprattutto un dovere, un’obbedienza a Dio che fin dagli
inizi ha voluto l’uomo e la donna responsabili insieme della storia,
impegnati entrambi a promuovere il bene, collaboratori in dialogo tra
loro e con il Creatore, per la costruzione di una nuova civiltà
dell’amore, promotori della giustizia e della pace non solo come doni di
Dio, ma anche come impegno sulla terra.
Questa profonda convinzione ha
portato la scrittrice vicentina a compiere un cammino di ricerca e di
studio, ad addentrarsi nel mondo della teologia e dell’esegesi biblica
per trovare risposte alle sue intuizioni, maturando un ‘pensiero
teologico’ che oggi può confrontarsi, pur con tutte le incertezze dovute
al suo essere autodidatta, con quanto il Concilio Vaticano II ha
affermato in ambito antropologico ed ecclesiologico; da qui il definirla
teologa ante litteram.
La triste scoperta della teoria aristotelica del maschio occasionato, che Tommaso riprende per definire la donna, ha segnato l’inizio del suo
percorso intellettuale, ma anche l’inizio di un travaglio spirituale:
non ha mai trovato una risposta al perché S. Tommaso, uomo di cultura
teologica e filosofica, illuminato dalla fede, abbia accettato e portato
avanti una simile teoria. Ecco l’appassionata ricerca nei testi della
Scrittura per poter confutare questa lettura distorta della realtà e
affermare con autorevolezza che, sia l’uomo che la donna, sono ad
immagine e somiglianza di Dio, creati differenti ma per la comunione,
paradigma di ogni altra relazione.
Questo,
per Elisa Salerno, è il femminismo: riconoscere alla donna una dignità e
una vocazione iscritti nel suo essere persona come l’uomo, depositaria
di un bagaglio umano e spirituale da mettere a disposizione
dell’umanità, anch’essa bisognosa dell’apporto femminile.
Il
libro vuole fare da ponte tra il femminismo di Elisa Salerno, diverso
da quello legato alle suffragiste americane, e la Chiesa da sempre in
rapporto dialettico. Rapporto che da sempre è stato motivo di sospetto
nei confronti di una credente che prima di ogni altra cosa ha voluto
rimanere cattolica, se pur in modo nuovo, non tradizionalista, non più
legato alle sole pratiche di pietà.
È necessario mettere in luce lo stretto rapporto che Elisa ha sempre voluto avere con la Chiesa, che sentiva maestra di verità,
che riconosceva come segno della presenza di Dio e fonte di
autorevolezza e di corretta interpretazione della fede; ma sentiva anche
la necessità di una Chiesa capace di accogliere la sfida
dell’Incarnazione ed essere così sempre più ad immagine e somiglianza di
Cristo, che ha scelto di contaminarsi con l’umanità senza paura di
perdere la propria identità.
Questa
Chiesa di Cristo era per Elisa un approdo sicuro, un riferimento
costante: mai ne ha messo in discussione l’appartenenza e l’obbedienza.
Per il suo spiccato senso ecclesiale si è battuta fortemente perché
anche la dimensione umana di questa istituzione brillasse sempre più
della verità di Cristo, senza lasciar prevalere le logiche umane e di
potere. Da qui la fittissima corrispondenza con il papa, con i vescovi,
con uomini e donne impegnati nella politica: il suo non voleva essere un
lamento lasciato alla chiacchiera, ma un parlare capace di cambiare le
cose, di migliorarle, non solo per la donna, ma per tutta la società che
non poteva, e non può, fare a meno del contributo della donna.
Elisa
aveva ben chiaro quale poteva essere il suo ruolo di donna e di laica,
di credente e di lavoratrice: chiede che siano riconosciuti i diritti di
ogni persona, chiede che anche la donna possa avere spazi di
realizzazione fuori della famiglia senza dover rinunciare alla
maternità, chiede che sia valorizzata per le sue doti intellettuali,
chiede la possibilità di istruzione e di formazione per una autonomia di
pensiero e di azione.
A
fare la differenza con il femminismo comunemente inteso è proprio Elisa
Salerno con la sua convinta scelta di fede, di amore per Cristo e per
la Chiesa.
Una
corretta ermeneutica, ma soprattutto una figura come quella della
Salerno, impongono la paziente ed affascinante avventura di scoperta e
di conoscenza dei tanti aspetti di cui si compone la sua vita,
paradossalmente venuta alla luce solo dopo la sua morte. Il libro,
editato da Effatà nella collana “Sui Generis, curata dal Coordinamento
delle Teologhe Italiane, è un’occasione per poter accorciare le distanze
che ancora separano Elisa Salerno da tanti di noi un pochino scettici e
tentati di estrapolare qua e là affermazioni o interi scritti che
potrebbero solo confermare molti degli attacchi ingenerosi che Elisa
Salerno ha dovuto subire.
Il
libro vuole raccontare una pagina di femminismo cattolico e di
appassionare ad una figura che provoca ancora oggi e aiuta, noi donne in
particolare, a non perderci d’animo nell’essere presenza significativa
nella situazione attuale, ad essere segno visibile di partecipazione con
quell’innato senso relazionale che rimanda a modelli di comunione più
che d’autorità, tipicamente femminili.
Il
libro vorrebbe dire, ancora una volta, alla città e alla Chiesa di
Vicenza e non solo che Elisa Salerno non si è preoccupata di conquistare
potere ma di servire il Vangelo.
Sr. Michela Vaccari