Giornalismo di pace per raccontare il conflitto in tempo di guerra
L’incontro ospitato dal “Centro Culturale San Paolo” il giorno 31 gennaio ed intitolato “Giornalismo di pace, raccontare il conflitto in tempo di guerra”, ha visto come ospite Sara Manisera, giornalista freelance, autrice indipendente e cofondatrice del “collettivo FADA”.
In compagnia di Davide Travaglini dell’associazione “Non Dalla Guerra” e di Dario Dalla Costa dell’associazione “Incursioni di Pace”, Sara Manisera ha proposto un profondo ragionamento sul come raccontare i conflitti senza dimenticare le persone coinvolte ed il valore del diritto internazionale ed umanitario. A supportare la serata hanno contribuito anche il “Centro Culturale San Paolo” e “Presenza Donna”.
I racconti della giornalista freelance hanno portato a diverse riflessioni: quante volte ci ritroviamo ad avere a che fare con immagini, video e notizie riguardo ciò che sta succedendo nel mondo? Volenti o nolenti, probabilmente ogni giorno. Ancora: quante di queste volte la nostra attenzione viene veicolata verso le stime dei morti, degli edifici distrutti o della brutalità dello scontro, piuttosto che in favore delle persone coinvolte?
Raramente ci viene proposto di vedere il conflitto dal punto di vista dell’essere umano e sempre più spesso ci viene descritto e presentato come polarizzato (bianco o nero), violento, con le sue fazioni e le ragioni che lo hanno scatenato.
Sara Manisera ha iniziato la conferenza così, riportandoci alla realtà e all’umanità dei fatti. Ha spiegato come il suo lavoro è sempre una questione di scelte, di come la giornalista ed il giornalista scelgono le parole da utilizzare, quali foto mostrare e da che parte dell’opinione raccontare un avvenimento. Il suo è un lavoro composto da parole; parole che formano un immaginario che si tramuta in realtà; realtà che si sedimenta nelle persone e influenza pensieri ed azioni.
Non c’è mai un singolo modo per osservare e riportare un evento e nessuna narrazione sarà mai neutrale. Il doppio standard (sia nella narrazione che nella pratica) consiste proprio in questo: utilizzare due pesi e due misure in base a chi ci si trova davanti o di chi si sta parlando. Ecco allora che alcuni sono clandestini ed altri sono immigrati, quando in realtà sono tutte e tutti vittime e in certa di un futuro migliore. La scelta di utilizzare una determinata narrazione dei fatti da parte delle giornaliste e dei giornalisti, cambia il peso della bilancia dell’opinione.
Le parole sono importanti ed essenziali per capire ed informarsi, Sara Manisera durante la conferenza ne ha proposto alcune. Parole che possono risultare scomode, come “potere mediatico” ed “occupazione territoriale”, ma anche parole edificanti come “comunità” e “partecipazione”. Quest’ultimi due termini sono particolarmente importanti, perché racchiudono un’enorme potenziale ed una possibile soluzione: le cittadine ed i cittadini possono passare dall’avere un’opinione polarizzata e divisiva ad un dialogo che permetterà loro di informarsi meglio e creare un dibattito costruttivo.
Veronica Brusaferro