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Mamma, perché Dio è maschio?

Una lettura estiva per educarsi alla differenza di genere

Come volontaria di Servizio Civile, nel mese di luglio mi sono dedicata ad una lettura volta ad approfondire la differenza di genere: tra i libri presenti nel Centro di Studi e Documentazione Presenza Donna la mia attenzione è caduta sul testo di Rita Torti intitolato Mamma, perché Dio è maschio? 
 
Mentre gli adulti sono impegnati a dibattere su teorie e definizioni, i bambini vivono, giocano ed apprendono in contesti familiari ed educativi che più o meno inconsapevolmente li inquadrano in repertori di genere. L’autrice – studiosa e scrittrice che da diversi anni si occupa di studi di genere – ha raccolto nel suo libro le voci di quei bambini, analizzando le loro risposte in un saggio che desidera inaugurare uno sguardo più libero sulla differenza di genere: le riflessioni da lei proposte sono state molto efficaci dal momento che ho potuto constatare come, ancora oggi, siano molti gli stereotipi che condizionano la visione adulta della differenza di genere, e di conseguenza anche la proposta dei modelli che viene da loro fatta ai più giovani.
Ripercorrendo da un punto di vista storico la teoria dei gender studies, l’autrice si muove per chiarire l’importanza della differenza sesso-genere recuperando le dinamiche che rispetto a questo tema erano state analizzate in passato relativamente alla differenza biologica maschio-femmina. Propone, poi, una lettura di quelle strutture di genere che dall’inizio della storia umana sono incardinate nel tessuto sociale, evidenziando quanto la società contemporanea eserciti una pressione fortissima sulle donne, nel costringerle ad un’alternativa netta fra maternità e possibilità di avere o conservare un’occupazione. La seconda sezione del testo presenta in modo accurato i dati raccolti dalla somministrazione a bambini e adulti di questionari, dai quali è emersa una rappresentazione assai variegata della differenza sessuale: è risultato, infatti, che bambini e bambine si trovano spesso inquadrati in certi modelli da repertori che vengono forniti dalla società e anche trasmessi (spesso senza volere) da chi si occupa della loro educazione. A conclusione del libro, la storica guarda in modo critico alcune realtà socio-educative quali l’insegnamento della religione a scuola, la pastorale giovanile e l’esperienza dell’AGESCI, per cercare di definire il ruolo che i sistemi teologici e simbolici hanno avuto e hanno tuttora nel contesto educativo.
Personalmente consiglio la lettura di questo testo perché utile per recuperare delle coordinate relative al tema del genere, e al tempo stesso interessante per riflessioni proposte circa l’educazione alla fede: nell’educare si trasmette un’idea di maschio e di femmina perché ci si è costruiti/e la propria maschilità e femminilità con delle risorse, resistenze e consapevolezze, trasmettendo un patrimonio che non è proprio del singolo, ma che è stato ricevuto in eredità. Sulla scia di quanto proposto dall’autrice del libro, dunque, credo sia importante, per educare alla vita di fede in modo coerente, ricordare che il Dna della fede cristiana nasce dalla creazione di maschio e femmina entrambi ad immagine di Dio, che si è pienamente rivelato nelle parole e nella prassi di Gesù in una comunità di eguali che lui stesso ha chiamato attorno a sé.
 

Lara Iannascoli