Skip to content Skip to footer

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

La riflessione di Donatella Mottin

“Prego non solo
per loro… ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola:
perché tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda che tu mi hai mandato”
(Gv 17,21).

L’ultima preghiera di Gesù al
Padre prima di morire è parte essenziale del vangelo e non si può, quindi,
essere cristiani senza essere ecumenici.
Gli eventi, i documenti e le
preghiere che andranno a scandire la Settimana per l’unità dei cristiani 2019,
seppur necessari e significativi, non possono però bastare: devono essere
occasione per mantenere viva l’attenzione su un aspetto oggi più che mai
urgente nella vita ecclesiale.

In un tempo come il nostro il cui
il cammino verso l’unità è reso ancora più faticoso dalla tentazione – anche
nella chiesa – di confondere la globalizzazione con l’uniformità e di lasciare
spazio a derive identitarie localistiche, spetta in particolar modo ai laici
riconoscere, accogliere e assumere come ‘dono’ nelle scelte e nelle azioni di
ogni giorno, le molteplici differenze, per dare nomi e volti, pur nelle
complesse vite quotidiane, alle parole di papa Francesco:

“Gesù non
chiede a suo Padre che tutti siano uguali, identici; perché l’unità non nasce
né nascerà dal neutralizzare o mettere a tacere le differenze. L’ unità è una
diversità riconciliata perché non tollera che in suo nome si legittimino le
ingiustizie personali o comunitarie”.

Proprio andando all’origine della
nostra fede troviamo l’esigenza che la comunione sia plurale: non un unico
libro, ma quattro annunci diversi segno di comunità differenti che cercano di
camminare con il loro Signore e dell’imprevedibile dinamicità dello Spirito.
Solo donne e uomini credenti in
un Regno che è presente nella storia e nelle esperienze di vita dei battezzati
che, tutti, fanno parte del “corpo di Cristo” al di là di divisioni e
differenti professioni di fede, possono vivere con gratitudine la ricchezza e i
tesori che ci vengono da altre tradizioni e culture, in uno scambio vicendevole
che solo può far “risplendere la multiforme sapienza e grazia di Dio” (Ef 3,10; 1Pt 4,10).