Lo sconfinamento di don Milani raccolto dall’esperienza dei volontari del Servizio Civile
Martedì 24 settembre 2019, all’interno della manifestazione Solidaria promossa dal Centro Servizio Volontariato e dal Comune di Padova, si è tenuto un incontro esplicitamente pensato per i volontari di Servizio Civile che abbiano conosciuto la figura di Don Milani recandosi a Barbiana, per poi rileggerla alla luce della propria esperienza di giovani impegnati nell’anno di servizio.
Qual è la mia patria? Il pensiero di don Milani e il Servizio Civile. Attorno a questo tema, presso l’aula magna di Palazzo De Claricini a Padova, si sono succeduti gli interventi di Luca Agostinetto (ricercatore in Pedagogia generale e sociale dell’università di Padova), Guido Turus (formatore) e Carlo Ridolfi (curatore della grapich novel Don Milani. Bestie, uomini e Dio, Becco Giallo editore), i quali hanno cercato di dialogare con i giovani presenti rispetto all’attualità del pensiero, del metodo e dello “sconfinamento” del prete di Barbiana, aggiungendo molti spunti di riflessione personale e collettiva a quelli già raccolti in loco, frutti di una prima condivisione.
Tra tutti i contributi, il più coinvolgente è stato quello del prof. Agostinetto, il quale ha presentato la figura di don Milani come una di quelle a cui ancora oggi ispirarsi nell’ambito educativo, ponendo l’accento proprio sullo sconfinamento, parola immaginata nell’edizione in corso della rassegna per trasmettere la consapevolezza che vi sono confini da superare, confini sui quali sostare e confini che non possono e non devono essere oltrepassati. Il suo ragionamento, presentato sinteticamente nei quattro punti 1. (S)confini; 2. La parola; 3. Inciampo; 4. La Patria è l’arco, ha messo in luce degli aspetti della pedagogia di don Milani che prima non conoscevo e che mi hanno aiutata a guardare con occhi nuovi i mesi trascorsi e quelli che mancano alla fine del mio servizio: il termine confine (qualcosa che divide) associato a quello di frontiera (un luogo che consente il passaggio); la parola (con la “P maiuscola” a significare il Vangelo e con la “p minuscola”, pensando al giornale) e il metodo rigoroso e intransigente; la memoria e la responsabilità. Come volontaria di Servizio Civile Universale penso di dover tener conto di questi elementi anche al di fuori dell’ambito di servizio per contribuire alla costruzione di una società concretamente più civile.
Particolarmente toccante, poi, è stata la testimonianza di Alberto Trevisan, padovano, obiettore di coscienza nonviolento al servizio militare, che tra il 1970 e il 1972 è stato condannato tre volte dai tribunali militari, dovendo scontare una pena complessiva di 18 mesi di carcere militare e venendo scarcerato definitivamente solo in seguito all’approvazione della legge sul riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza (Legge n.772 del 15/12/1972).
Al termine dell’incontro, le tre volontarie Valentina Braghetto, Chiara Lacerti, Vania Callegaro hanno presentato il video realizzato al termine dell’esperienza che ha riunito una cinquantina di volontari a Monselice, momento di condivisione delle diverse realtà di servizio, ma anche di crescita a livello personale e di gruppo, grazie ad attività come il “team-building”, la collaborazione con la Protezione Civile locale e la possibilità di incontrare l’Assessore alle politiche giovanili.
Sono tornata a casa grata per la mattinata trascorsa, perché consapevole una volta di più che quando nella nostra Costituzione si parla dell’obbligo di difendere la patria, anche alla luce della vita di don Milani, non si dice che bisogna difendere dei confini, o che bisogna difenderli soltanto in modo armato, ma che nel momento in cui un cittadino si prende cura della sua comunità, sta difendendo la sua patria.
Lara Iannascoli