Il racconto dell’economista suor Alessandra Smerilli
La passione per l’educazione e per l’insegnamento credo di averla avuta da sempre, anche per questo sono suora salesiana. Fin da ragazza all’oratorio ho iniziato ad occuparmi dei più piccoli, e diciamo che non ho mai smesso. Con l’economia è andata invece un po’ diversamente: quando mi stavo interrogando su cosa avrei potuto studiare all’università e guardavo le varie offerte formative delle università, quella di economia era l’unica pagina che saltavo. Non ero proprio interessata.
Ho poi iniziato la formazione per diventare suora, e il mio sogno era di studiare psicologia e andare a lavorare con i giovani più poveri e in difficoltà, magari in una casa famiglia. E invece la mia superiora di allora mi chiede di studiare economia: c’era bisogno di una suora preparata in questo campo; lei che guardava sempre avanti, mi disse che l’economia sarebbe diventata sempre più importante, avrebbe governato il mondo e la politica, noi come educatrici non potevamo non interessarcene. Inutile dire che in quel momento mi sono sentita morire: mai avrei pensato di diventare suora per poi occuparmi di economia! Mi sembrava come di essere in un brutto sogno e volevo svegliarmi. Mi sono però fidata e ho iniziato gli studi. Man mano che procedevo mi rendevo conto che lo studio delle teorie economiche era affascinante, anche se non tutto mi quadrava, anzi facevo proprio fatica ad entrare nei ragionamenti di massimizzazione, dei principi di non sazietà, di alcuni modelli di crescita, e così via. E più studiavo, più mi rendevo conto che era necessario approfondire, perché le teorie economiche potevano essere migliorate solo dal di dentro. Nel corso degli studi ho incontrato economisti che mi hanno un po’ cambiato la vita, mi hanno fatto vedere un’altra economia (per esempio l’esperienza dell’economia di comunione), altre teorie. In quegli incontri è nato in me il desiderio di andare avanti negli studi, di fare la mia piccola parte. Ho proseguito con un dottorato in Italia e un PhD in Inghilterra, studiando la we-rationality: la “razionalità del noi”, un tentativo di superamento dell’individualismo metodologico in economia. E ora continuo, cercando di fare la mia piccola parte. Ogni tanto ripenso al momento in cui mi è stato chiesto di studiare economia: avrei avuto tanti motivi per dire no, e avrei voluto dire no… ma se l’avessi fatto non avrei visto il dispiegarsi di un disegno molto bello e originale.
In molti mi chiedono come la vita religiosa e quella professionale possano stare insieme. E io di solito rispondo: perché no? Mi sono sentita chiamata e scelta da Dio, e ho risposto donandogli la mia vita. Ma stare con Dio significa stare con gli uomini, e nel mio caso in particolare con i giovani, che sono il nostro tesoro prezioso in Italia oggi. Fare una scelta di vita religiosa non significa allontanarsi dal mondo, ma abbracciarlo e spendersi perché diventi migliore; significa essere segno dell’amore di Dio, e l’amo- re di Dio non sta sulle nuvole, ma si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi.
Una delle attenzioni che in questo momento sto cercando di sviluppare è quella di un pensiero e una prassi femminile nell’economia. La scienza economica moderna, infatti, si è costruita tutta al maschile. Non poteva essere diversamente, per i tempi in cui si è andata delineando come scienza autonoma, cioè alla fine del 1700. Ci si chiederà perché è così importante che ci siano donne a pensare l’economia. E ci domandiamo se abbia un senso parlare di un ruolo femminile nella dimensione sociale ed economica, e quindi se c’è uno specifico del femminile in questa sfera.
Per rispondere bisogna evitare di cadere in due trappole. La prima è quella in cui cade chi sostiene che pari dignità equivalga a perfetta uguaglianza: questo modo di ragionare ha portato pian piano ad assumere il maschile come prototipo a cui rapportare tutto. L’economista Victoria Bateman così scrive nel giornale The Guardian: “Le domande a cui gli economisti cercano di rispondere, gli strumenti che utilizzano, le assunzioni standard che fanno lungo il percorso, e ciò che scelgono di misurare, tutto riflette un modo tradizionale e maschile di guardare al mondo”.
Dall’altra parte c’è chi esaspera le specificità della donna, rendendola ancor più fonte di discriminazione. Allora è importante riflettere su alcuni stereotipi. Una giovane dell’America Latina che parteciperà all’evento Economy of Francesco di Assisi testimonia: “Nel nostro contesto le donne credono che il loro compito sia legato al «fare» e non al «pensare». E se lavorano fuori casa, tutto il lavoro di cura dentro casa spetta comunque solo a loro. Come possiamo cambiare questo modo di autopercepirsi delle donne?”.
Fino ad ora lo sguardo sulla casa, e sulla nostra casa comune, è stato molto maschile. L’uomo guarda soprattutto al lavoro, agli aspetti materiali e istituzionali: tutto ciò è molto importante, ma se diventa uno sguardo assoluto può deformare la realtà. La donna guarda maggiormente ai rapporti, a tessere reti, a ciò che ha a che fare con la cura. Anche questo è uno sguardo che da solo non basta, ma ne sentiamo la mancanza dentro le grandi aziende, a livello politico, nelle istituzioni in generale. Abbiamo bisogno di iniziare, o continuare a guardare questa casa con uno sguardo di donne. Soprattutto, è necessario iniziare a guardarla insieme, uomini e donne. Ad immaginarne insieme il futuro.
Alessandra Smerilli è una suora Figlia di Maria Ausiliatrice, ha 45 anni ed è originaria di Vasto (Chieti). Professore ordinario di Economia politica alla Pontificia facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium” di Roma, nel 2006 ha conseguito il dottorato di ricerca in Economia politica presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel 2014 ha conseguito il PhD in Economics presso la School of Economics della East Anglia University (Norwich, Regno Unito). È socia fondatrice e docente della Scuola di economia civile e membro del Consiglio nazionale del terzo settore, del Comitato etico di Etica SGR, oltre che del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici.