L’auto si ferma, tiro il freno a mano, guardo il display prima di spegnere il motore: 19.50, sono in leggero anticipo. Bene, faccio un respiro profondo. Ho un nodo in gola, la notte scorsa ho avuto un sonno agitato e la giornata oggi l’ho trascorsa come sospesa, tra emozione e paura. Prendo dalla borsa le chiavi e il badge, esco dall’auto. Apro il bagagliaio e mi metto a tracolla un altro borsone, prendo il cuscino e mi avvio verso la porta d’ingresso. Sembra che io stia partendo per uno di quei lunghi viaggi on the road e forse è così, almeno in parte: il viaggio sulla strada della vita che ho scelto, un viaggio per le strade delle vite altrui.
I preparativi sono stati molti: la laurea, i tirocini, quell’abilitazione che ci ha fatto tremare col fiato sospeso per due settimane aggiuntive, che sono sembrate un’eternità, ad un passo dal traguardo…Timbro il badge e un acuto BEEP sancisce l’inizio del mio primo turno di lavoro, in questo 1 maggio, che del lavoro è la festa. Non mi pesa così tanto, almeno non oggi, che lavorare non è cosa da tutti. I miei pensieri sono altri e il pur temibile COVID-19, che tanto ha scombinato l’inizio di questo 2020, non è in cima alla lista.
Infilo la chiave nella serratura, la porta della mia stanza si apre: i cassetti della mia memoria faranno altrettanto quando squillerà il telefono? Saprò trovare la giusta chiave di interpretazione davanti a un caso vero, dopo anni di studio teorico e nozioni, stipate nella mia testa come in un’affollata soffitta? Saprò portare competenze e umanità nel mio lavoro? È il momento di scoprirlo: accendo il computer, inserisco le mie credenziali, firmo il registro. Stanotte il medico di guardia sono io.
Carlotta
(giovane medico)